Parigi 2024, l'oro riconquistato: intervista alla campionessa di getto del peso e lancio del disco Assunta Legnante

La Signora che non ha bisogno di presentazioni, la lanciatrice più medagliata di sempre, Assunta Legnante, torna da quest'ultima Paralimpiade di Parigi 2024 con in tasca due medaglie preziosissime: l'argento nel lancio del disco (dove è tornata a infrangere la barriera dei 38 metri), specialità, a detta della stessa atleta, a lei non congeniale e l'oro nel getto del peso (con la misura di 14,54) sua massima espressione di potenza e qualità. In questa occasione, ha gareggiato nella categoria accorpata F12 per il getto del peso e nella sua categoria di appartenenza F11 per il lancio del disco. L'abbiamo intervistata.

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Durante le gare di questa Paralimpiade di Parigi2024 hai indossato delle bellissime mascherine, chi le ha create?

"È stato un progetto dell'Accademia delle Belle Arti di Bologna, gli studenti, dopo aver fatto un lunga chiacchierata con me, ne hanno disegnate tantissime e poi, attraverso un contest su Instagram, i miei follower hanno scelto quelle che preferivano che io indossassi in gara e hanno vinto le due che ho poi usato. E' stata una bella iniziativa".

Durante la gara di lancio del disco, sono accaduti due episodi che abbiamo notato. In primo luogo hai fatto un gesto che sembrava volesse dire che chiedevi che si facesse silenzio e in secondo luogo, hai lanciato l'attrezzo che ha poi colpito la parte interna della "gabbia": cosa è successo?

"No, non stavo chiedendo silenzio, ma stavo chiedendo al mio allenatore di parlare più forte. Poiché lo stadio era pieno ed il pubblico esultava, non riuscivo a capire se il mio allenatore fosse uscito dalla pedana e fosse in sicurezza. Quindi, ho chiesto che alzasse la voce per confermarmi che fosse fuori. Nel secondo caso, purtroppo, la gara del disco è sempre un terno al lotto perché non avendo contezza e costanza di misure e tecnica che mi permettano di garantire un lancio perfetto, diversamente dalla gara del peso. Quindi, è accaduto ciò che poteva accadere, cioè che l'attrezzo uscisse dal settore, ma è successo in fase di riscaldamento, quindi poco male". 

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Questo episodio non ti ha fatto perdere la concentrazione, quindi?

"No, assolutamente. Può succedere e l'unica cosa che posso fare è cercare di gestire al meglio il lancio per evitare che accada. I lanci successivi, però, devo dire che sono andati abbastanza bene (ride)". 

Esperienza Tokyo vs esperienza Parigi: come le hai vissute rispettivamente?

"Sono state due esperienze totalmente diverse. Tokyo l'ho affrontata con una preparazione solo di 4 mesi, mentre Parigi l'ho preparata molto meglio, senza grossi intoppi. Se poi consideriamo uno stadio vuoto, rispetto ad uno con 80 mila spettatori, beh, questo mi ha trasmesso emozioni totalmente diverse e non mi ha in alcun modo destabilizzata, anzi ho affrontato tutto con serenità ed equilibrio. Per questo devo ringraziare anche il mio mental coach, Luca Catalano, lo stesso che della mia collega Valentina Petrillo, che mi ha aiutato anche a dissociarmi da questi momenti permettendomi di rimanere concentrata sull'obiettivo". 

Hai detto in varie occasioni che ti sentivi molto emozionata durante le tue performance: cosa hai provato fuori dalla pedana prima e con la medaglia conquistata messa al collo poi?

"Nel peso prendermi l'oro era il mio obiettivo principale, ero molto focalizzata sul risultato e pronta a lottare nel caso la mia avversaria si fosse avvicinata di più. Infatti, sia in allenamento che in gara, ho superato di molto la sua misura per cui mi sono anche "risparmiata" non ammazzando la gara con misure sopra i 15 metri che, se la situazione fosse stata più difficile, avrei dovuto impegnarmi a raggiungere o superare. Ero, insomma, lì consapevole di voler occupare il gradino più alto del podio, seppur nella consapevolezza che si siamo umani e l'imprevisto può accadere, in uno stadio pieno di persone sin dal mattino e con una preparazione di 3 lunghi anni". 

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Come hai vissuto il Villaggio Paralimpico? Qualche aneddoto?

"No, non ho aneddoti particolari da raccontare, ma sicuramente la convivialità è stata molto diversa rispetto al plexiglass installato ovunque a Tokyo, sia tra noi Azzurri che con gli atleti e atlete delle altre nazioni. Poi ho avuto la fortuna di essere in camera con la fisioterapista e con Arjola (Dedaj, ndr) e proprio la fisioterapista aveva il proprio lettino all'interno dell'appartamento, quindi capitava che ci ritrovassimo tutti lì a socializzare insieme".

Hai avuto modo di conoscere colleghi e colleghe che ancora non avevi conosciuto?

"Io conosco un po' tutti, dai più grandi (ride dicendo che la più grande è lei, ndr) ai più piccoli e mi fa piacere quando arriva qualcuno di nuovo perché significa che c'è un ricambio generazionale, soprattutto in alcune specialità e questo, a mio avviso, è sempre un bene". 

E con il tuo allenatore Roberto Minnetti da quanto tempo lavorate insieme, com'è il vostro rapporto atleta-coach?

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Quello con Roberto è un affiatamento dovuto al fatto che mi vede e segue tutti i giorni, ci vediamo e lavoriamo insieme tutta la settimana, conosco tutta la sua famiglia. E' più un rapporto di amicizia che quello tra atleta ed allenatore e per me potrebbe essere un secondo, terzo, quarto padre, un amico e mi conosce al punto che capisce quando sono pronta per lanciare e quando no. Ho avuto questa fortuna di averlo come guida l'anno scorso ai mondiali e quest'anno alle Paralimpiadi e questa è stata per me una mossa vincente". 

E' importante stabilire questo rapporto di fiducia col proprio allenatore, vero?

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Credo sia fondamentale per un atleta, infatti penso che gli allenatori personali dovrebbero essere sempre al fianco degli atleti che seguono perché, soprattutto in manifestazioni così importanti, si possono creare delle dinamiche o delle criticità di qualsiasi tipo che solo chi ti conosce bene può risolvere tempestivamente". 

Tu sei nota al pubblico non solo per i tuoi meriti sportivi, ma anche per la tua ironia. Quanto è ed è stata importante l'ironia nella tua vita?

"Tantissimo. Essere autoironici mette a proprio agio te stessa e anche gli altri perché, se tu stessa sei la prima a scherzare sulla tua disabilità, gli altri fanno meno fatica a confrontarsi con te, lo fanno in modo più sereno. A Parigi, però, c'è chi mi ha battuta in fatto di ironia (ride, riferendosi a Rigivan Ganeshamoorthy, ndr) e va benissimo così".

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Ma parliamo, invece, di questa scommessa social: vuoi raggiungere 10.000 follower per tatuarti gli Agitos. A che punto siamo?

"Si, esatto ahahah. Sono giunta a 6300 follower, ancora molto distante dall'obiettivo. C'è questa scommessa in atto ed un video alle telecamere del CIP che testimonia il mio impegno a tatuarmi gli Agitos una volta raggiunti i 10.000 follower. Ho già quello dei Cinque Cerchi ed è doveroso che abbia anche quello. Anche se quando ho visto i follower di Rigivan ho pensato di essere proprio negata per i social (ride)". 

Hai detto sempre in numerose occasioni di voler andare in America e che per te non è ancora arrivato il momento di fermarsi: cosa dobbiamo aspettarci per Los Angeles 2028?

"Dato che io sono stata atleta già da vedente, ho avuto la fortuna di girare e vedere gran parte del mondo, ma in America non ho mai avuto la possibilità di gareggiare. E allora vorrei togliermi questo sfizio. Potrò soddisfare questo mio desiderio da non vedente? Non lo so. La volontà c'è sicuramente, bisognerà capire se il mio corpo vorrà seguirmi perché, dopo 31 anni di attività agonistica, gli acciacchi aumentano di anno in anno (ride). La testa sicuramente c'è e quella potrebbe arrivare anche oltre (si riferisce alle Paralimpiadi del 2032 che si svolgeranno a Brisbane, in Australia), ma il punto interrogativo è sempre lo stesso".

Quando deciderai di fermarti, continuerai a far parte del mondo dello sport o pensi che ti dedicherai ad altro?

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Al momento non considero di fare qualcosa di diverso o comunque che non contempli lo sport. Mi piacerebbe allenare, questo si, trasmettere la mia esperienza alle nuove generazioni, anche se spesso fare il CT di una squadra comporta fare anche delle scelte dure, prendere delle decisioni che magari non vorresti prendere. Anche fare il dirigente non mi dispiacerebbe, anche perché sono preparata in diverse discipline, non solo sui lanci. Valuterò". 




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